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L'acquedotto leopoldino: un lungo cantiere livornese

Il Settecento fu un periodo di grande aumento demografico per Livorno, tanto che si rese necessaria la costruzione di un nuovo acquedotto che prese il nome di Acquedotto Leopoldino , altrimenti detto del Poccianti.

La realizzazione dell'acquedotto leopoldino di Livorno

Furono i Lorena a volere la costruzione di questa grande opera. Inizialmente questi affidarono il progetto a Franesco Bombicci, il quale si rivelò essere troppo pretenzioso dal punto di vista economico; si decise, allora, di affidare l'incarico al Salvetti che, nel 1790, progettò il nuovo acquedotto di Livorno, ottimizzando le sorgenti di Colognole. I lavori procedettero non senza difficoltà a causa dell'invasione francese prima e della morte dello stesso ingegnere dopo. L'opera fu dunque portata avanti dall'allievo di Salvetti, Zocchi, che seguì il progetto più economico del Calocchieri, dietro approvazione della Regina d'Etruria Maria Luisa. Le tre grandi cisterne, Cisternone, Cisternino di Pian di Rota e Cisternino di città, ideate al fine di poter portare acqua a tutta la popolazione, furono opera del Poccianti al quale passò la direzione del progetto. Anch'egli morì, lasciando il compimento dell'acquedotto nel 1858, dopo l'unità d'Italia, all'allievo Angiolo Della Valle.

Caratteristiche dell'acquedotto leopoldino

L'Acquedotto Leopoldino è lungo poco più di 17 km, snodandosi sulle verdeggianti colline livornesi. Se dal 1816 al 1912 fornì l'acqua ai cittadini di Livorno, oggi serve soltanto i piccoli borghi di Parrana San Martino, Parrana San Giusto e Valle Benedetta. Il Poccianti ha creato questa struttura come una sorta di passeggiata tra la vegetazione collinare: proprio in questa occasione ci si rende conto della grandiosità, tra gallerie, cisterne, trafori, viadotti e ben 15 arcate tra le quali quella a doppio arco di Pietreto. Si possono notare, inoltre, delle imponenti strutture di sostegno, atte ad impedire eventuali smottamenti o pericolose frane.

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